01 Apr 2019

Con l’arrivo dell’intelligenza artificiale, l’applicazione di cloud, reti neurali e algoritmi matematici per sviluppare l’autoapprendimento nelle macchine, la realtà virtuale, il 5G e l’automazione, già si inizia a parlare di Industria 5.0.

La contaminazione di idee e di cultura di innovazione diventa, quindi, ancor più fondamentale per favorire quella trasformazione che il cambiamento digitale richiede alle imprese.

“E’ un problema soprattutto di non cultura digitale” commenta il Presidente del Digital Innovation Hub Toscana Fabrizio Bernini, intervistato da Toscana24-Sole 24 Ore. “Su questo basiamo tutta l’esperienza che stiamo portando avanti come DIH: abbiamo aperto sportelli in ogni sede di Confindustria, l’associazione ascolta l’imprenditore sul suo bisogno, ma Industria 4.0 non va visto come il semplice acquisto del macchinario digitale per migliorare la produzione” e “se poi non si fa il prodotto 4.0, il prodotto digitalizzato, si rischia di andare in un mercato che già non recepisce il prodotto perché è vecchio”; occorre invece “concepirlo in modo diverso, se no diventa un debito finanziario”.

Il nostro obiettivo – aggiunge – è creare in ogni territorio occasioni in cui l’imprenditore viene a sentire cosa significa intelligenza artificiale, IoT, cloud: e se lo capisce, anche marginalmente, sono convinto che lui stesso per primo reinvestirà su persone giovani per fare il prodotto con quel tipo di caratteristiche».

Alla domanda su cosa può fare il Digital innovation hub per chi vuole intraprendere questa strada, conclude rispondendo «Cerchiamo di coinvolgere manager a orari: se uno vuole fare qualcosa nella sua azienda, come una startup interna, è possibile trovare finanziamenti, ma dare anche un manager che possa seguirlo su quel tipo di progetto, oppure procurare un gruppo di lavoro con l’università. Abbiamo il Centro di competenza Artes 4.0: noi del Dih toscano siamo gli unici a esserci dentro a livello nazionale, insieme a tutte le università toscane. Ma a prescindere dai finanziamenti e dai fondi si deve lavorare per la cultura: acculturare l’imprenditore oggi su questi temi vuol dire non chiudere un’azienda domani».

 

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